UE e BCE, ecco le nuove prese di posizione dopo la Brexit

I rappresentati di Stato e di governo dei 27 Paesi UE hanno ufficialmente affermato che non vi sarà nessun negoziato con il Regno Unito prima della notifica ufficiale dell’intenzione di uscire dall’Unione (atto dal quale – ricordiamo – prende il via il biennio di tempo che le due parti avranno per poter trovare un accordo che sancisca l’uscita del Paese dall’UE, e i conseguenti nuovi rapporti). In aggiunta, il presidente dell’UE Tusk ha esplicitamente ribadito che l’accesso al mercato unico richiede l’accettazione di tutte e quattro le libertà, inclusa quella di movimento. Quanto basta, insomma, per far comprendere al Regno Unito che l’UE non ha né intenzione di temporeggiare (“regalando” di fatto nuovo tempo utile al membro uscente per riposizionarsi), né intenzione di anticipare alcuna concessione. Il consiglio europeo si riunirà di nuovo il 16 settembre, dopo la nomina del nuovo primo ministro inglese, per decidere come procedere qualora per tale data non sia ancora giunta la notifica della richiesta di recesso.

Nello stesso frangente si registrano anche le dichiarazioni di Constancio, vice-presidente della BCE, che ha affermato come esistano limiti ad un ulteriore allentamento della politica monetaria. Lo stesso membro dell’Eurotower ha poi specificato che effettivamente il Regno Unito potrebbe entrare in recessione, ma anche aggiunto che si parla di un’economia relativamente piccola e con una valuta che non svolge un ruolo chiave nel sistema di pagamenti internazionali, rassicurando indirettamente gli stakeholders.

A conferma di ciò, ha sottolineato Constancio, il fatto che la reazione dei mercati al referendum Brexit è stata completamente diversa da quella del dopo-Lehman nel senso che il voto britannico non ha creato fallimenti sistematici nel sistema finanziario sebbene, ha poi aggiunto Constancio, sia opportuno aspettare un po’ per poter comprendere se la reazione dei mercati effettivamente rientra. In ogni caso, nell’attesa, è evidente che le politiche BCE già in essere sono un fattore di stabilizzazione, così come è evidente che la stessa banca centrale fino ad ora non abbia riscontrato alcun problema di carenza di liquidità e/o un ritorno della frammentazione e nemmeno un allargamento dei premi al rischio sui periferici, che dopo la reazione di venerdì sono tornati circa al livello pre-voto.

La giornata è infine stata arricchita dalla pubblicazione di una serie di dati macro, a cominciare dall’indice di fiducia economica, che a maggio è scesa da 104,6 a 104,4. In media trimestrale però, il livello è salito a 104,3 da 104,0 del 1° trimestre, confermando un discreto ritmo espansivo per il quarto primaverile.

Si attendono ora eventuali conferme dal prodotto interno lordo, la cui crescita potrebbe essere inferiore rispetto al primo trimestre per via della debole uscita e di un rallentamento nelle costruzioni, che hanno beneficiato di un inverno eccezionalmente mite. Inoltre, si tenga conto (soprattutto per quanto attiene la fiducia) che le indagini sono state concluse prima del referendum inglese e pertanto indicano che, al netto di fattori esogeni, lo stato dell’economia dell’eurozona rimane piuttosto solido.

Tornando al dato di cui sopra, spaccato per settori, la fiducia nel comparto industriale è cresciuta a -2,8 da -3,7 grazie al contributo in particolare di Belgio, Spagna e, in misura ridotta, Germania. Le aspettative di produzione sono salite a 8,3 da 5,9, grazie al contributo degli ordini domestici. Per gli analisti ISP, gli ordini all’export hanno invece corretto a -13,4 da -12,8, con un calo omogeneo e diffuso a livello geografico. Nei servizi l’indice è calato a 10,8 da 11,3, in linea con i risultati delle indagini PMI. Il dettaglio evidenzia un deterioramento delle aspettative di domanda nei prossimi tre mesi. Nel commercio al dettaglio l’indice è sceso a 0,8 da 3,3, ma l’indice rimane al di sopra della media di lungo periodo. Nelle costruzioni il morale ha corretto da -17,7 a -18,2, in linea con la media di lungo termine. I risultati negativi sono rimasti isolati a Belgio e Austria.

Le attese sull’occupazione sono migliorate nell’industria e nel commercio al dettaglio, ma sono peggiorate nei servizi (a 5,8 da 7,6) e nelle costruzioni (a 8,6 da 9,1). A livello aggregato, infine, nel secondo trimestre le aziende starebbero pensando di aumentare le assunzioni rispetto al primo; mentre le attese sui prezzi sono rimaste invariate nel commercio al dettaglio, sono calate sensibilmente nei servizi a 3,7 da 6,1 e sono ritornate a crescere nell’industria. In media, le attese sui prezzi per l’economia nel suo complesso sembrano indicare che le aziende hanno smesso di abbassare i prezzi per favorire le vendite.

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