Come ha reagito l’euro alla riunione BCE di ieri?

L’atteggiamento cauto e prudente della BCE, che ha sostanzialmente rinviato al mese di dicembre qualsiasi mossa in merito al quantitative easing, ha condotto l’euro in posizioni ribassista sotto quota 1,09 EUR/USD. Ma quali sono le motivazioni che hanno indotto l’euro a deprezzarsi ulteriormente, testando dei minimi che andranno presumibilmente infranti in odor di incremento del rialzo dei tassi Fed?

Per cercare di riepilogare quanto accaduto cominciamo rammentando che la BCE, sullo scenario macro, ha rilevato che la crescita dell’area euro procede a ritmo moderato ma stabile e che l’inflazione è in graduale risalita, precisando comunque su quest’ultimo fronte che la risalita nel breve è almeno in parte dovuta a un effetto base favorevole e che non ci sono segnali di una salita convincente dell’inflazione “core”. Dunque, dati sì positivi, ma con ritmi comunque molto cauti e con l’evidente presenza, come vedremo tra breve, di gravi rischi al ribasso, soprattutto per quanto concerne la crescita economica.

Draghi ha poi ricordato che nel complesso l’economia si è dimostrata resiliente agli shock derivanti dalle accresciute incertezze internazionali, ma i rischi rimangono, come già accennato, fermamente verso il basso. Pertanto la BCE ha ribadito che i tassi resteranno sui livelli correnti o se necessario più bassi ben oltre i tempi del quantitative easing e che se necessario il QE potrebbe essere esteso oltre la scadenza attuale di marzo 2017, di tre o di sei mesi (più probabile la seconda opzione). Fino a qui il quadro è sostanzialmente quello presentato alla precedente riunione dell’8 settembre. Dunque, quali sono le novità rispetto alla riunione di 45 giorni fa?

La principale “news” è legata alla natura del dibattito interno: il timoniere dell’Eurotower ha infatti dichiarato che nella riunione di ieri non si è discusso di estensione del QE oltre marzo 2017 (aggiungendo che non si possono mantenere condizioni straordinariamente espansive per sempre). Poco dopo Draghi ha però aggiunto che nella riunione di ieri non si è discusso nemmeno di tapering. Pertanto, se il primo annuncio ha generato un avanzamento immediato delle quotazioni della valuta, il secondo ha generato un contestuale arretramento, su posizioni minime che l’euro aveva abbandonato nel mese di marzo.

In aggiunta a ciò, evidenziamo come Draghi abbia comunque rassicurato sul fatto che un’interruzione brusca del QE è improbabile e che è possibile che su tempi e modi del QE vi sia una certa spaccatura interna, giustificata dall’incertezza sullo scenario macro. Alla luce dell’incertezza sullo scenario macro che porta la BCE a indugiare fino a dicembre sul da farsi manteniamo invariato il profilo atteso dell’euro, rilevando però che i rischi sono leggermente sbilanciati verso il basso per l’euro nel caso in cui il quadro macro dell’area dovesse deteriorarsi o se le incertezze sullo scenario non dovessero sciogliersi spingendo la BCE a dicembre a estendere il QE. Se invece i dati dovessero convalidare il miglioramento continuo (seppure modesto e graduale) del quadro di crescita e inflazione dell’area inducendo la BCE a non estendere il QE l’euro dovrebbe già iniziare a risalire. In tutto questo, nel breve, non va comunque dimenticato che il cambio risponde anche agli sviluppi sul fronte USA e qui il primo banco di prova sarà la riunione della Fed il 2 novembre.

Concludiamo infine con un breve cenno sulla sterlina, che non ha risentito del fatto che nel Regno Unito le vendite al dettaglio di settembre siano risultate un po’ più deboli delle attese, registrando uno 0 per cento mese su mese contro attese per un progresso di 0,3 per cento. La debole performance è in parte spiegata dall’aumento dei prezzi nel settore abbigliamento, il che riporta all’attenzione il tema dell’impatto negativo dell’aumento dell’inflazione (causato dal deprezzamento del cambio) sui consumi e quindi sulla crescita. A tale proposito molto importanti saranno la settimana prossima i dati di Pil del terzo trimestre (usciranno il 27 ottobre). Attenzione infine al mai sopravvalutato tema Brexit: il governo scozzese ha presentato il disegno di legge per indire un nuovo referendum sull’indipendenza della Scozia. Anche in questo caso, però la sterlina ha dimostrato una buona resistenza, tenendo le posizioni. Mettete ora nel calendario macro economico una croce sul 3 novembre: è la data della prossima riunione BoE.

Esperto di trading e finanza, mi dedico alla stesura di articoli accurati e informativi, con l'obiettivo di fornire approfondimenti e conoscenze utili per orientarsi nel complesso universo degli investimenti.

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