Settimana Forex, ecco le reazioni post employment report

La seconda parte della scorsa settimana Forex è stata caratterizzata soprattutto dalla pubblicazione dell’employment report di venerdì. Un dossier sul mercato del lavoro che è stato accolto con un’altalena di emozioni dagli osservatori e dagli analisti di mercato, come peraltro spesso sta accadendo in un clima che mischia euforia e depressione con apparente facilità. E così, fermo restando che i dati del report sull’occupazione sono stati tendenzialmente positivi, in realtà il dollaro statunitense si è rafforzato solo debolmente, fermandosi quindi sotto i massimi di metà settimana.

La ragione di quanto spora è abbastanza semplice: a prima vista, come sopra appena anticipato, i dati del mercato del lavoro sono risultati un po’ meno brillanti delle attese, con un incremento degli occupati e una crescita dei salari inferiori al previsto, e con un tasso di disoccupazione stabile invece che in calo. Uno scenario che, almeno inizialmente, ha generato una correzione del biglietto verde. In realtà, però, lo spaccato dei dati conferma il trend di miglioramento del mercato del lavoro, con la crescita degli occupati che rimane su livelli elevati, e comunque vicini agli obiettivi della Federal Reserve, che ha nel mirino il mercato del lavoro quale uno dei tre pilastri principali che dovrebbero orientare la propria politica sui tassi.

In aggiunta a quanto sopra, bisogna inoltre considerare come, tradizionalmente, l’employment report tende a deludere le attese nel mese di agosto per difficoltà di destagionalizzazione, e che successivamente i dati vengono di solito rivisti in senso migliorativo avvicinandosi a quelle che erano le aspettative. Alla luce di quanto sopra, è pertanto possibile esprimere un commento sostanzialmente positivo nei confronti del dossier sul lavoro, con una valutazione sufficientemente favorevole soprattutto agli occhi degli economisti della Federal Reserve, che difficilmente a questo punto potranno evitare di considerare la decisione alzare i tassi alla riunione del 20-21 settembre.

Sebbene la scelta di orientare i tassi verso l’alto non sia certamente quella più attesa dagli analisti (che invece puntano sull’ultima occasione utile per l’anno), riteniamo che molto, in questo senso, dipenderà dagli spunti sul fronte USA offerti nella settimana, che potrebbero tuttavia fungere solo da “condimento” a quanto già avvenuto. Oggi verrà infatti pubblicato l’ISM non-manifatturiero, atteso pressoché stabile, ma su livelli ampiamente positivi, mentre mercoledì dovrebbero giungere indicazioni favorevoli dal Beige Book. Tra mercoledì e venerdì vi sarà inoltre qualche discorso da parte di alcuni membri della Federal Reserve, utile per poter orientare le “bussole” degli osservatori. Complessivamente il dollaro dovrebbe consolidare, e la reazione modesta di venerdì all’employment report dovrebbe aumentarne l’upside in occasione del prossimo rialzo dei tassi, se sarà effettivamente a settembre.

Dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, si può parallelamente commentare l’andamento dell’euro, con la valuta unica europea che dopo un breve rimbalzo in area 1,12 EUR/USD sull’employment report, è poi scesa chiudendo vicino a 1,1150 EUR/USD, solo poco sotto i livelli di apertura della settimana.

Per quanto concerne il calendario macro, è ovvio che l’appuntamento chiave sarà quello di giovedì prossimo, quando è in programma la riunione della Banca centrale europea, che salvo sorprese dovrebbe lasciare invariati i parametri della politica monetaria, a parte un’eventuale estensione temporale del programma di acquisti oltre marzo 2017, attesa tra settembre e ottobre. È però vero che in tale occasione l’aspetto più rilevante sarà offerto dalle nuove stime di crescita e inflazione, che con tutta probabilità saranno riviste al ribasso, anche in virtù di quanto accaduto con l’esito del voto britannico, che sebbene finora abbia prodotto effetti modesti, potrebbe presto incidere con maggiore incisività. Attenzione comunque alle indicazioni che il presidente Draghi offrirà in conferenza stampa: ci aspettiamo toni piuttosto bilanciati, predisponendo probabilmente l’euro per un periodo di debolezza tenue, mentre il calo sotto quota 1,10 EUR/USD verrà rinviato a quando la Federal Reserve alzerà i tassi.

Per quanto concerne le altre valute, ricordiamo anche che la sterlina ha chiuso la scorsa settimana al rialzo sia contro dollaro da 1,30 a 1,33 GBP/USD sia contro euro, da 0,85 a 0,83 EUR/GBP, sorretta dalla sorpresa ampiamente positiva del PMI manifatturiero. Attese piuttosto controverse sul fronte del PMI servizi e dei dati di produzione industriale in uscita mercoledì, non dovrebbero sconvolgere un quadro della situazione che sembra invece essere più orientato ad attendere novità dai discorsi di alcuni membri della Bank of England, dai quali sarà possibile trarre alcune valutazioni utili per ponderare l’impatto di Brexit sull’economia domestica. Se l’impatto verrà giudicato in linea con quanto preventivato dalla Bank of England il mese scorso, la sterlina potrebbe riuscire a consolidare.

Chiudiamo infine con un breve cenno sullo yen, che ha chiuso la scorsa settimana al ribasso passando da 101 a 104 USD/JPY, anche se sarebbe potuto arrivare a 105 USD/JPY se i dati sul mercato del lavoro USA fossero stati più vicini alle attese. Il trend ribassista continua ad essere valido, anche grazie alla crescente prospettiva di un prossimo rialzo Federal Reserve, ma anche alla possibilità che la Bank of Japan fornisca altro stimolo monetario. In tal senso, Kuroda ha ribadito che vi è decisamente ancora spazio in questa direzione e dunque non ha escluso che possano essere introdotte nuove misure.

Esperto di trading e finanza, mi dedico alla stesura di articoli accurati e informativi, con l'obiettivo di fornire approfondimenti e conoscenze utili per orientarsi nel complesso universo degli investimenti.

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